· Mi batteva forte il cuore quando ho visto entrare i bambini di Herat. (Eleny)
· Quando ho chiesto che cosa pensavano dei nostri disegni e loro hanno scelto anche il mio, non sapevo dove guardare e cosa fare, mi vergognavo.(Antonio)
· Ero ansiosa di conoscere Aisha, Alnaz, Shoib, Abdul,, Monir.. Quando li ho visti in faccia, ho visto degli occhi con tanta energia, per niente intimiditi. (Arianna)
· Aisha sembrava ancora più giovane di me e invece era proprio come me. Il fatto è che lei ha disegnato e ha detto cose che di solito dicono e fanno i bambini più grandi. (Matteo)
· Quando i bambini di Herat hanno incominciato a battere con le mani il ritmo della nostra canzone ci siamo sentiti capiti subito e per un attimo abbiamo parlato la stessa lingua. (Arianna)
· Hanno capito subito la musica e ci hanno accompagnato spontaneamente come se ci fosse stato un segnale. (Antonio)
· Sono partiti tutti nello stesso momento, ma nessuno sapeva che noi avremmo cantato quella canzone. (Chiara)
· Da quello che abbiamo sentito e visto abbiamo subito capito che i loro disegni noi li abbiamo davvero studiati bene. (Arianna)
· Ci è venuto un buco nello stomaco quando ci hanno chiesto se a scuola avevamo un tetto sopra la testa!(Elisa)
· Mi sentivo quasi in colpa. Come se io avessi portato via a loro qualche cosa. La colpa di aver scelto o deciso per loro. Non so come dire! (Elisa)
· Mi sono sentita imbarazzata dalle loro parole e dalle domande che sembravano semplici ma…Era come se mi sentissi io a renderli sempre più poveri.(Arianna)
· C’erano bambini che non avevano il papà e hanno subito detto in coro che cosa odiano di più del loro paese : LA GUERRA. (Antonio)
· I lavori che loro dicevano di voler fare erano ingegnere, dottore, insegnanti per aiutare il loro paese. Invece noi abbiamo scelto in base alle ispirazioni personali.(Arianna)
· Non avevano nessuna paura a rispondere e non sembravano intimiditi. Non dimostravano insicurezza(Edoardo)
· Mi sono sentita più ricca di loro. (Chiara)
· Noi non stavamo fermi anche se la maestra ci aveva raccomandato di farlo perché altrimenti le immagini si disfavano, invece loro stavano immobili.(Antonio)
· I militari che erano ad Herat dimostravano di aver un rapporto molto familiare fra di loro, con gli afghani e con noi. Così come quelli che erano a Tolmezzo con noi. Facevano battute fra loro e con noi.(Nicolò)
· Quando gli abbiamo chiesto se i nostri militari italiani gli erano simpatici, loro ci hanno risposto di sì quando buttano via la tenda e costruiscono la scuola. (Antonio
Gli abbiamo chiesto che cosa pensavano dei militari che sono laggiù con loro, ci hanno risposto che erano contenti che ci fossero perché finchè ci sono loro c’è un po’ di pace e di serenità. Mi ha fatto proprio piacere e mi sono sentito tanto orgoglioso del mio papà.(Nicolò).
“ Il giorno in cui i nostri papà sono partiti in missione di pace per l’Afghanistan” dicono i bambini che hanno i papà ad Herat “ci siamo sentiti un po’ orfani: abbiamo avuto paura di perdere tutte le cose che facevamo insieme e che ci trasmettevano sicurezza ed affetto. Sapevamo inoltre che anche a loro noi saremmo mancati”.
“Però attraverso questo progetto noi abbiamo imparato a capire di più e meglio il lavoro che i nostri genitori stanno facendo in quel paese così lontano. E’ come se fossimo stati con loro mentre lavoravano con i bambini e con la popolazione afghana. Attraverso le fotografie che loro ci inviavano vedevamo via via costruire le scuole della regione di Herat”. “Quel giorno, non riuscivo a trattenere tante emozioni e tutte diverse “ dice Giada dondolando le gambe, “Quando è incominciato il collegamento la gioia più grande è stata vedere il mio papà. Ero timida e orgogliosa nello stesso momento. Avrei voluto scappare o nascondermi. Avrei voluto parlargli di più, ma il cervello non collaborava!”